New York: esserne una parte

Sorvolare l’Atlantico e planare sui tre chilometri e ottocento della pista del John Fitzgerald Kennedy, principale scalo aeroportuale dello stato di New York, ha senz’altro sostituito il fascino del transito sotto il Ponte di Verazzano e della hudsonspettacolare navigazione in quel tratto di mare –o di fiume?- stretto tra Governors ed Ellis Island, antico arsenale militare che negli anni della grande emigrazione dal vecchio continente divenne il principale punto di ingresso degli immigrati che sbarcavano negli Stati Uniti. E non sarà neppure il fragore metallico di una passerella del Pier 90 ad accogliervi, ma in una New York che sembra ancorata al suo charme, ai suoi luoghi e alla sua storia che parla ancora di portoni Art-Deco, shopping sulla Fifth Avenue e carrozze lungo il Central Park, la sagoma del “Rex” ritratto da Fellini in Amarcord sembra poter spuntare da un momento all’altro tra la giungla di cemento del Financial District, oltre Battery Park, solcando le severe e scure acque del fiume Hudson.

Perché New York è anche questo, passato e futuro che si incontrano e si amalgamano senza respingersi, in uno straordinario processo di mitosi di culture che convivono in un tratto di terra che si allunga come un lungo braccio di 21,6Km verso l’Europa e che si può vedere e toccare con mano tra i Pub irlandesi a Midtown o assaporare in una tipica pietanza greca all’Estiatorio Milos sulla 55Th St o in una birra e una tagliata di carne alla Peter Luger Steakhouse di Brooklyn.

timessquareNew York è frenetica, viva, caotica ma ancora curiosa di conoscere e di raccontare storie. Le “People of New York”, che ogni giorno attraversano quel guazzabuglio di cunicoli sottostanti lo snodo della metropolitana di Columbus Circle intenti a rientrare nelle loro abitazioni, spesso lontane da Manhattan, dopo una giornata di lavoro e che, nonostante ignorino il fatto che Colombo fosse italiano e nato a Genova –qualcuno potrà dirvi che era portoghese o comunque from somewhere near Spain– accantonano la diffidenza e il pregiudizio pronti a conoscere o a scambiare opinioni , impressioni o semplicemente due consigli su come vivere al meglio una città che non lascia dubbi sul fatto che possa essere così amata –e rispettata- da coloro che ogni giorno contribuiscono –più o meno consciamente- a mantenere viva nella mente di un visitatore quell’immagine della “città che non dorme mai” che già nel 1924 ispirò Gershwin con la sua “Rhapsody in Blue”, notoriamente ispirata alla realtà metropolitana newyorkese, o Francis Scott Fitzgerald e il suo “Great Gatsby”.

 

Esserne una parte, come cantavano Frank Sinatra e Liza Minelli, svegliarsi e lasciarsibryantpark trascinare da quelle scarpe vagabonde tra i marciapiedi della Midtown Manhattan fino a Bryant Park per un caffè americano e uno sguardo fugace al New York Times che riporta i risultati delle primarie USA per lo stato di New York, che hanno visto il trionfo della candidata democratica Hillary Clinton e del repubblicano Donald Trump, proprietario, tra l’altro, di uno dei più noti edifici affacciati sulla Fifth Avenue, ai piedi del celeberrimo Central Park.

Un hot-dog all’ombra dell’Ago di Cleopatra del XV Secolo a.C , donato d13001108_10207395931069523_8256826844017885993_na Isma’Il Pascià allo stato di New York e il cui trasporto fino alla sua attuale location fu interamente finanziato dal mecenate William Henry Vanderbilt nel 1881, o  una visita alla Frick Collection, ex residenza del magnate dell’acciaio Henry Clay Frick, che ospita tra le sue mura capolavori di artisti del calibro di Tiziano e Piero della Francesca. Perdersi nella vastità del MOMA, lasciarsi abbagliare dalle luci di Times Square o seguire dagli occhi di David Bowie in qualche murales nell’East Village affollato da giacche di pelle, lounge, club e comedy bar.

 

Come un enorme palcoscenico, contro qualsiasi indicazione e qualsiasi guida, la bravura di un ottimo performer che decide di mettere in scena una visita a New York, resta ancora l’improvvisazione, la fame, la curiosità e la consapevolezza che neppure la vetta della Freedom Tower è il limite per una città che non sarà mai la stessa, visita dopo visita.

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